Scelta contestata da Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs-Uil. Il 9 aprile incontro tra le parti
BOLOGNA – La direzione della catena di profumerie Douglas Italia ha formalizzato ai sindacati la lista dei 128 punti vendita che sono oggetto entrano della riorganizzazione annunciata che coinvolge 457 lavoratori. La catena tedesca ha già disdettato la maggior parte dei contratti d’affitto dei negozi. Una scelta contestata da Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs-Uil in assenza di un piano commerciale ed alla luce della proroga dei licenziamenti stabilita dal Dl Sostegni al prossimo 31 ottobre.
L’elenco comprende in Lombardia 20 negozi (di cui nove tra Milano e la sua provincia, cinque tra Brescia e la sua provincia, due a Mantova e provincia, idem a Varese, e uno ciascuno per i territori di Bergamo, Lecco e Monza Brianza), sei in Piemonte (quattro tra Torino e la sua provincia, uno nel territorio di Alessandria e uno nel territorio di Biella), cinque in Friuli Venezia Giulia (uno nel territorio di Trieste e quattro in quello di Udine), sei in Veneto (tre nel territorio di Padova, uno ciascuno nelle aree di Treviso, Verona e Vicenza), otto in Emilia-Romagna (due su Bologna, uno ciascuno a Modena, Parma, Ferrara, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Piacenza), 12 in Sardegna (quattro su Cagliari, due su Sassari, due su Nuoro, due su Olbia, uno su Carbonia e uno su Medio Campidano), cinque in Liguria (due su la Spezia, uno ciascuno nei territori di Genova, Savona e Imperia), 17 in Toscana (due su Firenze, uno a Prato, tre su Siena, tre su Pisa, due su Livorno, due su Pistoia, due a Grosseto, uno a Massa ed uno ad Arezzo), cinque nelle Marche (quattro sul territorio di Ancona, uno su Fano). Alcuni di questi sono già stati chiusi da febbraio e per gli altri la deadline è marzo 2021.
Fisascat, Filcams e Uiltucs hanno ribadito la contrarietà alle chiusure ed sollecitato il tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo economico. Intanto, il confronto con Douglas è stato aggiornato al 9 aprile, data entro la quale l’azienda dovrebbe presentare il piano commerciale e mostrare i criteri utilizzati e quali sono le misure che intende mettere per a salvaguardia occupazionale. I sindacati fin da ora ricordano che “grazie all’e-commerce il calo di fatturato è stato decisamente contenuto”. Serve “un piano industriale di ampio respiro e serio che dia valore al capitale umano, che è il vero valore aggiunto a maggior ragione per un’azienda che offre prodotti e servizi per la cura della persona, postulato sulla salvaguardia occupazionale”, dice la segretaria nazionale della Fisascat, Aurora Blanca. “Chiudere i negozi è una scelta inaccettabile- aggiunge- si tratta di un’azienda che impiega prevalentemente donne e, qualora non si dovessero trovare delle soluzioni, questo segnerebbe ancor di più il gap di genere esistente nel nostro Paese”.
La Cisl soprattutto si aspetta segnali rapidi dal ministero: “È una battaglia contro il tempo ma dobbiamo convogliare tutte le forze affinché le risorse umane tornino a rappresentare il fulcro nevralgico della discussione senza assistere in modo passivo alla debacle totale”. Per Balnca “urge anche il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali territoriali e una attenzione da parte della clientela che esortiamo in modo solidaristico a continuare ad acquistare i prodotti di bellezza direttamente nei punti vendita. Ogni loro contributo potrà favorire la salvaguardia dei posti di lavoro“.
Mattia Cecchini. fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it»