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Allarme Uneba-Aiop: “Rsa lombarde perdono un milione al giorno”

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Spese pandemia e calo letti, “La Regione copra tetto legge del 50%”

MILANO – È trascorso un anno da quando le Residenze sanitarie assistenziali lombarde sono state travolte dall’emergenza Covid-19. Dall’inizio della pandemia a febbraio 2020 fino al 31 luglio, secondo i dati riferiti dall’ex assessore al Welfare della Regione, Giulio Gallera, le morti nelle Rsa legate al Sars-Cov-2 sono state 3.378. Altre persone sono decedute in seguito, durante l’estate e nel corso dell’autunno. Ora la maggior parte degli ospiti e gli operatori sono stati vaccinati e l’incidenza dei nuovi positivi è iniziata a calare. Ma le Rsa lombarde faticano a riprendersi: gravano sulle spalle dei direttori debiti economici ingenti. “Noi stimiamo che attualmente le perdite si aggirino intorno a un milione al giorno”, spiega Luca Degani, presidente lombardo di ‘Uneba’, associazione di categoria del settore sociosanitario assistenziale ed educativo.

RSA LOMBARDE IN DIFFICOLTÀ: LE CAUSE

Le difficoltà dipendono da diversi fattori. In primis, dalle spese sanitarie sostenute durante l’emergenza: le residenze assistenziali hanno dovuto acquistare i dispositivi di sicurezza e assistere i malati Covid-19. Secondo Guerrino Nicchio, vice presidente lombardo di ‘Aiop’, associazione che a livello nazionale rappresenta 520 strutture di cura e ricovero private, durante la pandemia si sono accentuate criticità già presenti. “Negli ultimi anni si è elevata molto la prestazione sanitaria all’interno delle Rsa”, precisa.
Gli ospiti hanno avuto bisogno di cure più dispendiose e impegnative: i costi sono aumentati. Fino a febbraio 2020, anche se con difficoltà, si cercava di mantenere gli equilibri. Poi, è arrivata l’emergenza sanitaria e si è ridotta la percentuale di occupazione dei posti letto. “Adesso abbiamo raggiunto una mancata presenza del 20%”, dice Degani. A questo calo hanno contribuito tre fattori: il numero di decessi avuti l’anno scorso, le pratiche di distanziamento applicate per contenere il contagio e il sentimento di sfiducia che si è diffuso tra le famiglie.

Per Federica Trapletti, membro del sindacato dei pensionati della Cgil, quest’ultimo elemento è da tenere in considerazione in modo particolare, perché potrebbe provocare effetti duraturi nel tempo. “Ora le famiglie riflettono di più su come accudire i propri cari”, commenta. Non è facile scalfire l’immagine delle Rsa come luoghi in cui gli anziani muoiono da soli. Anche perché ancora oggi in molti casi non è possibile ricevere visite dei propri parenti. Nonostante il via libera del governo e della Regione, alcuni responsabili delle strutture non hanno riaperto le residenze per paura di diffondere il contagio. “Prima c’erano le liste d’attesa, ora invece si cercano nuovi ospiti”, ripete Trapletti. Nelle Rsa accreditate, sia pubbliche sia private (circa 700 in Lombardia), una parte delle spese viene sostenuta dal Pirellone.

Ogni posto letto costa in media 100 euro al giorno: di questi, circa 60 sono coperti dagli utenti e 40 dalla Regione. Secondo quanto stabilito dal ministero della Salute, le quota messa a disposizione dal fondo sanitario regionale dovrebbe raggiungere il 50% del costo giornaliero di un posto letto. La Lombardia non rispetta, quindi, le regole nazionali. Da tempo le Rsa chiedono un adeguamento, anche per poter ridurre le rette, che sono considerate da molti parenti troppo dispendiose (si pagano, in media, 1.800 euro al mese). Il pericolo è che, a fronte di queste ulteriori difficoltà, le strutture siano obbligate a chiedere alle famiglie ancora più soldi.

La Regione ha cercato di intervenire, ma le associazioni di categoria lamentano finanziamenti inadeguati rispetto alle perdite. “A dicembre è stata approvata una legge regionale in cui è stato stabilito di aumentare di 12 euro per il 2020 la tariffa giornaliera erogata dalla Regione per ogni posto letto. Si tratta di circa 80 milioni. A questo provvedimento ne è seguito un altro in cui è stato deciso di garantire alle Rsa 40 euro al giorno per tutti i giorni in cui sono stati ospitati pazienti Covid. Queste risorse servono, però, soltanto a garantire il riconoscimento dei finanziamenti precedentemente stabiliti nel budget del 2020”, sintetizza Luca Degani di Uneba.

Di fatto, quindi, con questi due provvedimenti la Regione assicura alle strutture soltanto il contributo economico già previsto nel bilancio. “L’unica delibera che ha influito in modo strutturale sulle risorse erogate alle Rsa è quella in cui è stato previsto un incremento di un euro sulla quota corrisposta dalla Regione. E’ stato un riconoscimento per gli 11 anni di mancato adeguamento”, continua Degani. Per raggiungere il tetto del 50% previsto dalle norme nazionali, i finanziamenti sarebbero dovuti essere molti di più. Questo continua a incidere sulla qualità dell’assistenza fornita dalle strutture e sulla possibilità di accedervi. Le associazioni nelle prossime settimane incontreranno probabilmente l’assessora Letizia Moratti. “Chiederemo alla Regione di fare un ulteriore sforzo economico, perché diverse strutture rischiano di chiudere”, spiega ancora Guerrino Nicchio di ‘Aiop’. Se realmente dovesse accadere, per la Regione sarebbe un problema visto che le altre forme di assistenza agli anziani (come quella domiciliare) non sono abbastanza sviluppate.

fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it». di Marialaura Iazzetti