La dichiarazione di Porto e i brevetti vaccinali sono stati i temi al centro dell’agenda
PORTO – Una svolta nei diritti sociali, “la fine di un lungo viaggio”, che non sarebbe stato possibile con Londra ancora nell’Unione Europea. Il presidente del consiglio Mario Draghi giudica in termini positivi il Consiglio informale di Porto, il primo in presenza dopo la lunga sospensione imposta dal Covid. “E’ la fine di un lungo viaggio nel campo dei diritti sociali. Ci sono voluti 4 anni – dal vertice di Goteborg del 2017 – per condividere una prima forma di coordinamento nel campo del lavoro e soprattutto dei diritti sociali“, ha detto il premier.
La dichiarazione di Porto e i brevetti vaccinali sono stati i temi al centro dell’agenda. Ma non solo: anche il coordinamento europeo nella gestione della pandemia ha caratterizzato la posizione italiana al tavolo dei leader Ue. Sul primo punto, il documento finale impegna i governi a raggiungere obiettivi ambiziosi, a partire dall’occupazione al 78% entro il 2030. Certo, non si tratta di regole vincolanti. Ma è un coordinamento impensabile fino a pochi anni fa.
“Non sarebbe stato possibile se il Regno Unito fosse ancora membro dell’Unione europea”, visto “che si era tenacemente opposto a un intervento in questo senso, ritenendo che fosse un campo di esclusiva competenza nazionale. Ora i Paesi cominciano ad accettare che ci può essere un’azione di miglioramento e della tutela dei diritti sociali”, ha detto Draghi al termine dei lavori.
Accompagnati dal canto dei numerosi pavoni dispersi per il giardino del Crystal Palace, i lavori dei Capi di Stato e di Governo della Ue hanno a più riprese lasciato spazio alla discussione sui brevetti vaccinali, dopo la presa di posizione di Joe Biden a favore dei Paesi in via di sviluppo. La proposta Biden “deve ancora essere capita nella sua completezza ma viene da una constatazione: ci sono milioni di persone che stanno morendo”, ha detto il presidente del consiglio che ha ricordato come a fronte di questa tragedia “le grandi case farmaceutiche abbiano sostegni governativi imponenti. Di qui la possibilità di un’applicazione temporanea circoscritta” della deroga ai brevetti, che “non costituirebbe un grande disincentivo alla produzione dei vaccini”.
Ciò detto la situazione è “molto più complicata di quanto si possa pensare” con la sola discussione sulla proprietà industriale. Prima bisognerebbe “fare cose più semplici tipo la rimozione delle limitazioni alle esportazioni dei vaccini che interessa Regno Unito e Stati Uniti”, ha spiegato Draghi per poi aggiungere che “la seconda cosa da fare è accelerare la produzione con il trasferimento tecnologico e l’individuazione di nuovi siti. Tutto questo va fatto verso Paesi che non hanno accesso ai vaccini e ai denari. Ci sono vari programmi, come Covax, ma sono insufficienti”.
Il merito della proposta Biden è in ogni caso “quello di aver aperto una porta” a una discussione a largo raggio. A suo dire non si tratta di “una mossa tattica e diplomatica degli Usa per battere la politica internazionale del vaccino che fanno Russia e Cina. Non sono avversari su questo piano tali da impensierire gli Stati Uniti”.
Non sono mancati i temi nazionali. A cominciare dalle riaperture nella stagione turistica oramai alle porte. L’Italia dal 15 maggio adotterà la green pass. Ma ha chiesto al tavolo del Consiglio Ue di accelerare sul Green Certificate comunitario per evitare che ogni Paese faccia a modo suo con il rischio di innescare confusione. A chi chiede di riaprire tutto il prima possibile, Draghi ha risposto con un invito alla prudenza: “Bisogna riaprire ma essendo graduali, calcolando il rischio che si corre con le riaperture”, ha spiegato. E ha fatto un esempio concreto di attenzione focalizzata. “Bisogna riaprire usando la testa. Gli aeroporti sono luoghi in cui il contagio può accadere. Lì bisogna rafforzare i controlli”.
fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it». Alfonso Raimo