Dopo la Brexit, le elezioni di oggi sono un test chiave per il Regno Unito. Ma contro gli indipendentisti il premier britannico ha già pronta un’ultima mossa
ROMA – Addio Global Britain. Anzi proprio addio Great Britain. È arrivato il giorno del giudizio, quello degli scozzesi, che dopo il referendum per l’indipendenza del 2014 oggi ci riprovano. Se i sondaggi fossero confermati, e alle parlamentari lo Scottish National Party dovesse tenere, la fine del Regno Unito non sarebbe così lontana. Colpa della Brexit: dopo aver votato in massa per restare nell’Ue, milioni di scozzesi sognano già un secondo referendum sull’indipendenza.
Ma mentre gli analisti ipotizzano concessioni obbligate di Londra, con nuove devolution e magari pure una Mezzaluna celtica dalle Ebridi all’Irlanda giù fino a Rotterdam, senza dazi né burocrazia, Boris Johnson non si arrende. Tutto, pur di fermare gli indipendentisti e far sventolare l’Union Jack. Dopo aver bocciato la Superlega del calcio europeo, sarebbe pronto a benedire quella isolana: al posto della Premier inglese, il Supercampionato britannico, con le scozzesi Celtic e Rangers Glasgow a sfidare le londinesi Arsenal e Chelsea.
Secondo The National, megafono degli indipendentisti, per Downing Street “non c’è trucco troppo sporco” e Johnson ormai è alla frutta. La partita riguarderebbe anche il petrolio del Mare del nord e la “socialdemocrazia in un solo Paese“: gli scozzesi pagano 380 sterline in meno di tasse a testa rispetto alla media del Regno Unito e ne spendono 1.633 in più per i servizi pubblici. Tutto vero, ma vuoi mettere i gol? Chi ha bisogno del Chelsea, alzi la mano: l’Old Firm, il derby di Glasgow, cattolici contro protestanti, proletari contro borghesi, ribelli contro establishment, è la sfida di una vita.
fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it». Vincenzo Giardina