Simbolo degli ideali della Resistenza, Adelmo Cervi ha deciso di portare la sua solidarietà ai lavoratori che l’11 agosto, nell’anniversario della liberazione di Firenze, hanno marciato per protestare contro i licenziamenti
FIRENZE – Adelmo Cervi marcia in testa a un corteo “grande e partecipato, come non avveniva da tempo”. Dietro di lui, almeno 3.500 persone scese in piazza per manifestare insieme ai 422 lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio, licenziati lo scorso luglio con una semplice mail.
“Una manifestazione che ci da speranza e respiro”, commenta alla Dire il figlio di Verina Castagnetti e Aldo, terzogenito dei sette fratelli Cervi fucilati dai fascisti al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943. Simbolo degli ideali della Resistenza, ha deciso di portare la sua solidarietà e il suo contributo ai lavoratori che l’11 agosto, nell’anniversario della liberazione di Firenze, hanno marciato per protestare contro i licenziamenti.
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Manifestare, però, non basta. “Qui c’è da smuovere un castello pesante- mette in guardia Cervi- questa è una multinazionale che alle spalle ha il sistema del capitalismo internazionale. Le multinazionali non sono isolate, dobbiamo fare una battaglia globale per dire ‘siamo stanchi di subire queste robe qua’“.
La grande partecipazione lo rinfranca, ma Adelmo Cervi non si fa illusioni: “C’è una speranza in tutti quelli che incontro, con cui parlo, nel vedere che ci possa essere una sinistra che abbia dei numeri. Su questo però c’è la contraddizione che il giorno dopo si litiga continuamente, sembra si vadano a cercare le cose che ci dividono. Chi dice che non siamo abbastanza rivoluzionari, chi dice che non dobbiamo cedere a questo e chi a quello, e così va a finire che non sappiamo più chi siamo”.
Per questo, spiega Cervi, “l’unità è la cosa più importante, e la forza la fanno anche i numeri. Non puoi dire grandi cose se poi non hai la forza di farle. Il capitalismo non lo batti solo con una manifestazione ma con la costanza di tutti i giorni”.
Oltre alla ricerca dell’unità, secondo Cervi la sinistra si deve porre un altro obiettivo: allargare la partecipazione. “C’è bisogno di tanti, c’è bisogno di posizioni diverse. Non di una grande partito, ma di tanta gente che sappia lottare e che sappia portare avanti le battaglie. Abbiamo bisogno che la gente partecipi, se la gente partecipasse e fosse cosciente di quello che sta facendo non salterebbe fuori il Salvini di turno. Se saltano fuori quelli che si portano dietro tanta gente è perchè non c’è un tessuto sociale, non abbiamo lavorato con la gente ma abbiamo seguito il mito del grande capo che ci ha portato fino a qua. Vogliamo dire che c’è qualcosa che non va e che tutti dobbiamo partecipare, sentirci importanti e partecipi delle battaglie?”.
Proprio per questo motivo Adelmo Cervi, che si definisce “comunista, per gli ideali di mio padre e per la lotta di tanti”, ammette di aver simpatizzato anche con le Sardine, “perché un movimento che riempie le piazze di giovani con lo slogan ‘contro i prepotenti’ e contro quello che allora era Salvini, che rappresentava il peggiore capitalismo, era una cosa che dava speranza”.
Netto, invece, il giudizio sul Partito Democratico: “Sta seguendo la sua strada, forse molti di noi si erano illusi. Io contesto quelli che dicono che ha preso una strada reazionaria. No, ha preso una strada di ceto medio e di centro, non rappresenta più la sinistra. Non puoi scagliarti contro il Pd dicendo ‘ci ha tradito’ perché non è mai stato di sinistra. Io ho tenuto duro con il Pds e i Ds, non ho seguito Rifondazione, ma quando è nato il Pd ho capito che non c’era più quel partito per il quale mi sentivo di lottare“.
Michele Bollino fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it»