Nel week-end espulsi gli allenatori di Inter, Atalanta, Roma e Napoli. Gasperini: “Gli arbitri sono un problema, perché non spiegano le loro decisioni a fine gara?”. Ma il designatore Rocchi difende i fischietti
ROMA – Gasperini ce l’aveva con Muriel. Mourinho con gli arbitri, sì, ma anche con gli dèi. Inzaghi più con il Var e la tecnologia in generale. Spalletti non ce l’aveva affatto. Gli arbitri invece se la sono presa, intestandosi tutto a scanso di equivoci. E in nome di una rinnovata suscettibilità di categoria, promossa dal designatore stesso, li hanno espulsi.
L’allenatore dell’Atalanta, anticipando i colleghi che non sapevano ancora il destino che li attendeva, ha dettato ai microfoni la sfida della comunicazione: “Questi signori rappresentano un problema. Devono smettere di essere difesi, devono fare i professionisti anche loro e mettere la faccia. Perché non vengono a spiegare le loro decisioni a fine partita? Non ci provano neanche, perché verrebbero fuori tutti i problemi”.
Il giorno dopo, di primo mattino, il capo Gianluca Rocchi più che la faccia ha inteso metterci la voce, e s’è autoinvitato a ‘Radio Anch’io sport’, dove manco a dirlo parlavano con Moratti del “rigorino” concesso alla Juve contro l’Inter. Ed è riuscito a non spiegare nulla. Ha difeso i “giovani” arbitri, per principio: “Abbiamo chiesto agli arbitri di essere intransigenti con chi si comporta male. Non ci tiriamo indietro di fronte a eventuali errori. Ma sono soddisfatto della giornata di ieri, ottima”.
Il cortocircuito è evidente. Due mondi spaccati da una crepa di incomunicabilità. In uno le cose vanno male, e nell’altro sono rappresentative del bene. In mezzo sabbie mobili di uomini muti, che al massimo sbottano, e che quando invece si lasciano andare finiscono per far peggio. Orsato e la sua “spiegazione” del rigore non-gol dato alla Roma, elargita nel tunnel di Juve-Roma, sono già un classico. Vespa, usasse ancora, ci farebbe il plastico e una puntata di Porta a Porta dedicata. Stai zitto e ti tirano le pietre, parli e ti tirano le pietre. È un abusato refrain. Se poi parli un po’ a vanvera, come Orsato nella fattispecie, diventi preda dei nazisti da regolamento. Che sono come quelli dell’Illinois, ma meno teneri.
Il rosso a Spalletti, reo d’essersi complimentato dal profondo del cuore con l’operato di Massa, è il riassunto dell’incomprensibilità vicendevole. La suscettibilità dell’arbitro, peraltro sotto pressione endemica, produce mostri. In ogni caso divarica il solco tra le parti. Al netto della “faccia” di Rocchi, l’isolamento arbitrale s’oppone al nuovo corso dell’Aia di Alfredo Trentalange, quello che appena insediatosi prese ad inneggiare alla trasparenza. Intendeva, più che altro, il revisionismo storico: sono comparsi, come alieni, arbitri in tv (proprio Orsato) per parlare di qualche scandalo passato. Col risultato di riportare all’attenzione dei social indignati baruffe ormai elaborate, senza peraltro sventare la cronaca corrente. Che senso ha?
La comunicazione che tutti invocano come panacea del livore avrebbe invece a che fare con la spiegazione tempestiva delle decisioni controverse. Persino con l’eventuale ammissione dell’errore. Disinnescherebbe la sostanza di decine di ore spese invece a urlarsi addosso, a posteriori, senza consegnarsi alla gogna. Il caso statisticamente rilevante di quattro allenatori ingombranti, di quattro big (Inter, Atalanta, Roma e Napoli), cacciati nello stesso week-end che Rocchi ci tiene tanto a battezzare “positivo”, è penalizzante per la categoria arbitrale anche al di là del regolamento. Gli arbitri passano per “pontefici inattaccabili” (Tony Damascelli su Il Giornale), che “non hanno occhi per risse e aggressioni in campo ma hanno orecchi per captare il minimo strillo degli allenatori, applicano il regolamento secondo umore”. Riflette l’immagine deformata di “personalità fragili e permalose”, raccontando di decisioni prese per “lesa maestà” se non peggio. Lo scatto successivo, dopo il silenzio ostentato e il cartellino vibrato in faccia, è “l’impunità”.
Ed ecco il punto, più o meno, palesato da Rocchi: in attesa che la nuova leva arbitrale impari a gestire la cagnara della Serie A, coi suoi allenatori furbi a gestire le tensioni, le risse in campo, il pubblico di nuovo allo stadio, si va tutti in trincea. Si difende lo sfondone (comunicativo) di Orsato e le reazioni “ormonali” dei giovani. Drammatizzando tutto, anche l’estetica stessa di partite che con meno isteria andrebbero altrove.
fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it». Mario Piccirillo