Al centro dell’intervista al professore ordinario di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, anche la questione seconda dose Johnson & Johnson
ROMA – “Sugli anticorpi molto alti si dovrebbe aprire una parentesi che ragiona sui vari metodi di determinazione, sulle varie caratteristiche e sui tipi anche in parte diversi di anticorpi che si vanno a misurare. Detto questo, e così mi sono un po’ salvato l’anima da polemiche che potrebbero scoppiare in ogni momento su questa questione che volutamente è stata troppo poco definita e valutata nell’ottica di una standardizzazione, ritengo che se una persona ha una risposta anticorpale valida, quella persona non ha immediata necessità, anche dal punto di vista del suo essere fattore di rischio epidemiologico, di fare subito un’altra dose di vaccino anti Covid“. Così, alla Dire, Massimo Galli, professore ordinario di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, da oggi fuori ruolo.
Galli sottolinea che “da una parte, da un punto di vista individuale, la persona è ragionevolmente ancora protetta, sia nei confronti della reinfezione, nei limiti che tutti questi vaccini presentano, sia, e questa è la cosa fondamentale, dal punto di vista della malattia grave nel caso che una persona si infettasse. Se poi la probabilità di infettarsi è comunque bassa, molto bassa, è evidente che la potenzialità di essere untore, cioè di persona che si può infettare e ritrasmettere, è ovviamente ridimensionata”.
Galli tiene a precisare che “non è vero che tutti coloro che hanno fatto Johnson & Johnson perdono in pochi mesi la capacità di difesa. È una questione che è stata un po’ enfatizzata. Certamente, nel momento in cui il discorso della dose unica e tombale, ossia finito lì, è andato a perdere di validità in termini complessivi, bisogna pensare ad un ulteriore booster e questo booster può essere sicuramente un vaccino a mRNA, non certo un vaccino vettore”. Galli aggiunge inoltre che “il limite, i piedi d’argilla dei vaccini a vettore, è che sono stati tutti programmati, tranne uno, per una sola dose, e il fatto che comunque il vettore in qualche modo può suscitare una risposta immunitaria contro di lui. Quindi, le ulteriori vaccinazioni fatte con un vaccino vettore possono presentare limiti da questo punto di vista, proprio perché il nostro sistema immunitario si è preso la libertà di reagire, eventualmente, anche contro il vettore stesso. Che non può replicare in quanto vettore ma che comunque può diventare a sua volta un fattore di sollecitazione di una risposta immune”.
L’esperto prosegue informando che “in una condizione di questo genere, AstraZeneca era stato progettato con una dose sola e poi hanno deciso di farne due perché sembrava avesse una risposta migliore che si potesse avvicinare alla risposta dei vaccini a mRNA. Johnson & Johnson è sempre stato progettato in questo senso, mentre un altro interessante escamotage era stato quello di Sputnik, che prevedeva due vettori virali diversi, un adenovirus 26 ed un adenovirus cinque, proprio per cercare di evitare quel tipo di problema che, ovviamente, avrebbe potuto limitare l’efficienza e l’efficacia del vaccino”. Galli dichiara infine che “oggi, se si parla di una terza dose, o di una seconda dose per Johnson & Johnson, avrei pochi dubbi sul fatto che non si possa che pensare ad un vaccino a mRNA”, conclude.
fonte «Agenzia DiRE» e l’indirizzo «www.dire.it» Francesco Demofonti