Eppure queste umili creature che letteralmente tutta l’Italia conosce e ricorda, note altresì in molte città europee, parte integrante del folklore natalizio, ricordate e tramandate nella letteratura sin dalla fine del 1700, senza citare le opere pittoriche realizzate dagli artisti europei e rinvenibili in tanti musei del mondo, ebbene queste creature oggi vengono ricordate e riproposte quasi sempre nei modi più superficiali e approssimativi. Non ci riferiamo agli improvvisati protagonisti e suonatori che probabilmente hanno difficoltà a rinvenire gli abiti di una volta o a riproporli oppure addirittura non li conoscono nei dettagli e perciò eseguono le loro ‘novene’ ovunque abbigliati molto sommariamente dal punto di vista della verità folklorica; il rimbrotto va rivolto invece a quelle istituzioni, quali la televisione, sia pubblica sia privata, che avrebbero tutti i mezzi idonei
-scientifici e finanziari nonché promozionali ed informativi- per conoscere a priori quanto vanno a proporre al pubblico, invece il risultato sono immagini distorte e perfino grossolane: si offrono al pubblico esemplari di zampognari che come cappello hanno un ‘borsalino’! e come scarpe le sneakers cioè quelle di plastica e gomma ormai indossate da tutti! Si vedono perfino ragazze in costume col rossetto sulle labbra o con gli occhiali da sole e perfino con mutandoni femminili che nulla hanno a che vedere col costume ciociaro, vale a dire la distorsione folklorica e soprattutto anche sociale, completa e totale! A Natale il programma Striscia la Notizia di solito molto attento e accurato e perfino rigoroso nelle sue esibizioni, ha presentato una coppia di zampognari che della tradizione folklorica e documentaria tramandata dagli artisti dell’ottocento, molto poco avevano a ricordo! Il cappello era, ripeto, addirittura un ‘borsalino’ o qualcosa del genere, le cioce complete di arzigogolati ‘becchi’ o punte arrotolate ignote ai poveri braccianti ciociari originari, camicie raffinate e eleganti certamente non di canapa, inverosimili in tali personaggi, senza parlare di guarnizioni vistose in ottone, pantaloni al di sopra dei ginocchi ma con ginocchiere, decorate in aggiunta, con fiocchi ecc. tutto folkloricamente e storicamente fuori dal contesto; e qui ci arrestiamo.
In un’altra seduta televisiva, della Rai questa volta –I soliti ignoti– qualche settimana prima, mostrarono un ‘ciociaro’ anche qui totalmente fuori della realtà: si immagini un cosiddetto ‘lazzarone’ napoletano quale illustrato nel folklore dell’epoca o un uomo di fatica in generale, con la camicia rossa a quadretti e il fazzoletto attorno al collo, barba incolta e un cappellino in testa, senza citare la espressione che nulla aveva della modestia ed umiltà e della fatica di un ciociaro autentico. Anche in questo caso una immagine totalmente fuorviante e falsa: in effetti il solo contrassegno distintivo del costume presentato erano le calzature che, pure, a seguito delle stringhe orrendamente avvolte e il tipo di cuoio delle medesime e la generale presentazione, ne risultava la copia vile e triviale delle cioce ‘classiche ed eleganti’ di cui parlò Gregorovius già verso il 1850 e che la pittura del secolo documenta.
Innumerevoli purtroppo sono gli episodi e i resoconti analoghi che si riscontrano nella stampa e nei media in genere: parrebbe che persista la volontà ad oscurare ed emarginare questa regione ai piedi di Roma, come al tempo dei guitti e dei cafoni di Pinelli.
Ripetutamente abbiamo attirato l’attenzione su quanto sistematicamente lacunoso e improvvisato, certamente insignificante, generico e stereotipo si offre all’attenzione dello spettatore sia alla televisione sia negli altri media nazionali le rare volte che presentano la Ciociaria: si fa di tutto, volenti o nolenti, per sminuire e anche degradare e altresì, curioso, che si continui ad ignorare che, nel rispetto della Storia, questa è la regione più antica del Paese, quella sul cui suolo si sono verificate le prime contingenze e vicende della storia nazionale: è la terra che ha dato i natali a Roma e alla cui grandezza, successivamente, coi propri figli, ha dato il proprio contributo fondamentale. E’ prima di tutto e solamente da questa terra di Ciociaria che è partito il messaggio di civiltà e di cultura che ha imbevuto di sé e fecondato l’Europa tutta, all’insegna del precetto: ora, labora et lege, cioè oltre alla devozione e alla pietà, la valorizzazione per la prima volta nella umanità del lavoro umano, la prima volta altresì il valore e il ruolo della cultura e della istruzione quali strumenti sicuri per conseguire libertà di pensiero e progresso. È in questa terra che sono stati stampati i primi libri, qui scritte e pronunciate le prime parole in volgare italiano, qui promossi e incoraggiati San Francesco e San Domenico e Sant’Antonio, qui anche inventati gli ‘eretici’, qui anche l’odio contro gli ebrei, qui anche i massacri dei dissidenti, qui nati il ghetto e la Inquisizione e qui il cesarepapismo, ma qui diffuso anche il messaggio di S.Tommaso d’Aquino.
Sempre attuali, a gratificazione dei denigratori e analoghi e dei disinformati, le parole di Giosué Carducci: la Ciociaria “quel grande e solenne Paese…..così ignorato e così calunniato”.
Michele Santulli