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Nell’acciaieria Azovstal oltre 260 soldati ucraini si sono arresi

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Sono stati trasferiti in ospedali in zone controllate da Mosca

ROMA – Sono oltre 260 i soldati e i paramilitari ucraini che sono stati trasferiti dall’acciaieria Azovstal, nel porto sud-orientale di Mariupol, nelle zone dell’Ucraina occupate dalle forze armate russe. Almeno 51 di questi sono descritti da ambe le fazioni come “gravemente feriti“. Lo riferiscono fonti sia russe che di Kiev.

Stando a quanto affermato dal ministero della Difesa di Mosca, rilanciato dalle agenzie Ria Novosti e Tass, 265 uomini delle forze ucraine “si sono arresi e hanno deposto le armi”. Almeno 51 sono stati trasferiti in un ospedale di Novoazovsk, città sotto il controllo russo affacciata sul Mare d’Azov e distante poco più di 35 chilometri da Mariupol verso est, nell’ambito di un corridoio umanitario aperto dai russi.

Il governo ucraino, per bocca delle vice ministra della Difesa Hanna Maliar e dello Stato maggiore dell’esercito, ha confermato la sostanza di quanto affermato da Mosca. Kiev ha riferito infatti di 264 fra esponenti del Reggimento Azov della Guardia Nazionale, un gruppo paramilitare integrato nelle file del corpo di sicurezza statale, e della 36esima brigata di Marina che sono stati “evacuati e trasferiti” verso Novoazovsk e Olenivka, quest’ultima situata 80 chilometri a nord di Mariupol. Secondo i media ucraini 53 soldati verranno curati un ospedale della prima località mentre altri 211 verranno spostati a Olenivka per poter essere inseriti in un eventuale scambio di prigionieri.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, citato dal quotidiano ucraino in lingua inglese Kyiv Independent, ha reso noto che le negoziazioni per portare in salvo in Ucraina soldati rimasti dentro l’acciaieria e quelli appena evacuati nelle zone sotto il controllo russo, che sarebbero in totale circa mille secondo fonti di Kiev, proseguono, e “sono molto delicate”. Mariupol, dopo settimane di assedio, è ormai completamente sotto il controllo dell’esercito russo.

 fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it  Brando Ricci