In un colloquio con i direttori delle riviste europee dei gesuiti, il Pontefice ha espresso le sue opinioni sul conflitto
ROMA – La guerra in Ucraina “o provocata o non impedita”. Forse anche per l’interesse di “testare e vendere armi”. E poi attenzione a ridurre la complessità alla distinzione tra “buoni” e “cattivi”, senza ragionare su radici e interessi, che sono complessi. Punti evidenziati da papa Francesco, in un colloquio con i direttori delle riviste europee dei gesuiti, il 19 maggio. Il testo integrale è pubblicato oggi anche dall’italiana Civiltà cattolica, rappresentata durante l’udienza da padre Antonio Spadaro. “Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio” ha ricordato Francesco. “E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: ‘Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro’. Ha concluso: ‘La situazione potrebbe portare alla guerra’”.
LA GUERRA IN UCRAINA
Il 24 febbraio, come previsto, con l’offensiva di Mosca la guerra è cominciata. “Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo” ha ricordato ancora il papa. “Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari. Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco”.
PAPA FRANCESCO: NON RIDURRE A BUONI E CATTIVI
Francesco ha continuato: “Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli. È pure vero che i russi pensavano che tutto sarebbe finito in una settimana. Ma hanno sbagliato i calcoli. Hanno trovato un popolo coraggioso, un popolo che sta lottando per sopravvivere e che ha una storia di lotta”.
ANCHE PAESI AFRICANI IN GUERRA, NESSUNO SE NE CURA
Ci sono Paesi lontani, anche in Africa, dove la guerra è ancora in corso e nessuno se ne cura: lo ha denunciato papa Francesco, durante il colloquio. Ad anticiparlo in alcuni parti i quotidiani La Stampa e Avvenire. La riflessione sulla guerra cominciata dall’Ucraina, dove dal 24 febbraio è in corso un’offensiva russa. “Devo pure aggiungere che quello che sta succedendo ora in Ucraina noi lo vediamo così perché è più vicino a noi e tocca di più la nostra sensibilità” ha sottolineato il papa. “Ma ci sono altri Paesi lontani – pensiamo ad alcune zone dell’Africa, al nord della Nigeria, al nord del Congo – dove la guerra è ancora in corso e nessuno se ne cura. Pensate al Ruanda di 25 anni fa. Pensiamo al Myanmar e ai Rohingya”. Francesco ha continuato: “Il mondo è in guerra. Qualche anno fa mi è venuto in mente di dire che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi e a bocconi. Ecco, per me oggi la terza guerra mondiale è stata dichiarata”.
SPERO DI PARLARE CON KIRILL IN QUANTO PASTORE
“Fratello, noi non siamo chierici di Stato, siamo pastori del popolo“: è una delle frasi ricordate da papa Francesco di una conversazione avuta nelle settimane scorse con il patriarca russo ortodosso Kirill. “Ho avuto una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill” ha detto Francesco, stando al testo pubblicato oggi dalla rivista italiana La Civiltà cattolica e anticipato per alcuni estratti dai quotidiani Avvenire e La Stampa. “Nella prima parte mi ha letto una dichiarazione in cui dava i motivi per giustificare la guerra. Quando ha finito, sono intervenuto e gli ho detto: ‘Fratello, noi non siamo chierici di Stato, siamo pastori del popolo’”. Il papa ha continuato: “Avrei dovuto incontrarlo il 14 giugno a Gerusalemme, per parlare delle nostre cose. Ma con la guerra, di comune accordo, abbiamo deciso di rimandare l’incontro a una data successiva, in modo che il nostro dialogo non venisse frainteso”. Infine, guardando al futuro: “Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakhstan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore”.
IL COLLOQUIO
Il colloquio è avvenuto presso la Biblioteca privata del Palazzo apostolico. Questi i direttori che hanno partecipato oltre a padre Spadaro: padre Stefan Kiechle di Stimmen der Zeit (Germania), Lucienne Bittar di Choisir (Svizzera), padre Ulf Jonsson di Signum (Svezia), padre Jaime Tatay di Razón y fe (Spagna), padre José Frazão Correia di Brotéria (Portogallo), padre Pawel Kosinski di Deon (Polonia), padre Arpad Hovarth di A Szív (Ungheria), Robert Mesaros di Viera a zivot (Slovacchia) e Frances Murphy di Thinking Faith (Regno Unito). Tre direttori sono laici e tra questi due sono donne (per la rivista svizzera e quella inglese). Gli altri sono gesuiti.
fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it Vincenzo Giardina