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LA VOLPE IMPICCATA

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La ferocia e non di rado la connessa perversione mentale, come avevano già a suo tempo scoperto gli  antichi romani, sono le caratteristiche dell’essere umano in certi suoi comportamenti sia nei confronti dei bipedi stessi sia nei confronti degli animali.  Le cronache  rigurgitano purtroppo  delle nefandezze  commesse da tali individui quasi sempre mentalmente disarticolati, ai quali disgraziatamente viene consentito di muoversi liberamente, almeno fino al giorno della cronaca che li rende protagonisti a danno di qualcuno.  In effetti si tratta di individui, solo apparentemente sani, che al contrario dovrebbero essere tenuti costantemente sotto sorveglianza, se si vuole impedire che commettano  scelleratezze. E le vittime di tali mentecatti sono di regola i deboli o gli infermi o i bimbi o le mogli o gli animali. Sono incredibili gli atti di ferocia e di efferatezza commessi da tali mentalmente labili, tra l’altro di solito vigliacchi e vili in quanto non leveranno nemmeno la voce davanti ad uno che può difendersi. Elencare gli episodi che assurgono all’onore delle cronache sarebbe una recita degli orrori.  Qui ci limitiamo a ricordare solo qualche  episodio.

I poveri animali sono da sempre l’oggetto più facile e meno complicato delle attenzioni di tale

umanità malata e, va precisato, nel caso degli animali, anche dei cosiddetti sani di mente. Chi mai potrà raccontare le perversioni e le cattiverie commesse dagli uomini  nel corso del tempo, contro l’animale più umile e più affettuoso e più disinteressato, il cane?  La efferatezza maggiore è il bipede che ha la conformazione mentale tale da avere il coraggio di  abbandonare, senza un minimo di senso di colpa, il proprio  cane in mezzo ad una strada quando va in vacanza con la famiglia!

Il gatto che ruba la salsiccia o il cane che abbaia al bambino o il lupo che divora la pecora o, in questo caso, la volpe che ammazza la gallina, tali atti non vengono considerati come normali e naturali aspetti della vita degli animali, no, da siffatti dilapidati mentali questi fatti vengono personalizzati, vi viene letta la volontà  di arrecare danno volutamente! un torto personale, dunque, che va punito! E’ come voler punire la zanzara che ci morde o la pulce che ci pizzica. Si cerchi di immaginare il bipede malato di mente che studia e cerca tutti i mezzi per impadronirsi della volpe e vendicarsi,  per aver ammazzato la gallina o mangiato i pulcini: non si preoccupa di meglio proteggere il proprio pollaio, ma è quasi accecato dall’odio e dal desiderio di vendetta. E riesce finalmente nell’intento, catturare la volpe. E’ veramente terribile e umiliante che la società debba ospitare gente  del genere a piede libero in giro! Infatti il demente impicca la povera volpe, gode ai suoi  spasimi e ai suoi contorcimenti!  E non basta: la espone pubblicamente, sulla Via Casilina, a Roccasecca, patria di San Tommaso d’Aquino e di Severino Gazzelloni,   ultimamente proclamata città della cultura. Vuole che la gente condivida il suo gesto di pazzo  sfrenato, tanto  è orgoglioso della sua impresa!     

L’altro episodio riguarda una coppia di contadini il cui motivo di gratificazione era il piacere  di ammazzare i gatti! E per conseguire tale finalità ricorrevano ad una procedura orribile. I gatti che secondo questi due feroci dementi avevano commesso qualche cosa che li disturbava, venivano scientemente adescati, catturati  e  rinchiusi in un sacco. Successivamente, subito, dopo un giorno, dopo due giorni, venivano massacrati a colpi di bastonate dentro il sacco!

E’ doloroso ricordare tali realtà ma peggio sarebbe ignorarle,  come pure ignorare  che si parli sempre  di cacciatori  nei loro paludamenti  ai quali è consentito,  nel nome della legge, di ammazzare gli animali  e i pochi volatili ancora  vivi oppure vedere alla televisione  che si decantano l’hamburger o la coscia di pollo o la costoletta di agnello o la bistecca di manzo o il tonno o il salame: è terribile che si consenta ancora così facilmente di celebrare e promuovere gli ammazzamenti e le uccisioni, che tali situazioni che hanno insanguinato la storia dell’uomo dall’inizio,  si debbano sempre tenere vive e attuali e perfino considerarle normali nell’esistenza dell’uomo, oggi ancora: con quale spirito mettere a morte un agnelluccio o un vitellino  e poi divorarlo?  E abituare, come normalità, i bimbi a tali spettacoli? Si continua ancora a impiegare termini e a illustrare situazioni  -ammazzare, uccidere- che si dovrebbero cancellare e annullare nell’educazione di ognuno e magari sostituirle con altri proponimenti e ammaestramenti.

                                                                                              Michele Santulli