Il piano nazionale in caso di disastro è stato aggiornato nel marzo di quest’anno (era fermo dal 2010). Ma di ripari antinucleari al chiuso in Italia non ce ne sono
ROMA -La centrale di Zaporizhzhia è a 200 chilometri dalla regione del Donbass e a 550 chilometri da Kiev. Non è l’unica: a Sud dell’Ucraina ne è presente un’altra, con 3 reattori funzionanti; altre due centrali nucleari sono a Rivne e Khmelnitsky vicine al confine con la Polonia. Ma non è solo l’Ucraina. Ci sono ben sedici impianti nucleari francesi che distano meno di 200 chilometri dai confini italiani. Tra loro Cruas, Saint Alban, Bugey e Tricastin, che è a circa 180 chilometri dall’Italia. La guerra nel cuore dell’Europa si è portata dietro due ricordi: il fantasma di Chernobyl e il dramma della Seconda guerra mondiale, rinfrescando nella mente di tanti il terrore della nube radioattiva. Non solo nelle persone però, a quanto pare anche nelle istituzioni visto che l’unico piano in caso di disastro che l’Italia aveva era chiuso in un cassetto dal 2010. Il 14 marzo 2022 ne è stato redatto un nuovo da un Gruppo di lavoro istituito presso la Protezione Civile con l’obbligo di aggiornarlo annualmente. Ecco cosa devono fare i cittadini: un incidente entro i 200 chilometri comporta per le persone riparo al chiuso, nelle case visto che non ci sono i rifugi atomici, e iodioprofilassi (compresse da assumere in modo che il nostro corpo non accumuli gli isotopi radioattivi dello iodio nella tiroide). A proposito della distribuzione di massa di queste pasticche – fondamentale in caso di disastro nuclerare – sono già stati fatti dei test in Italia.
fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it. Silvia Mari