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Freddo e prime spruzzate di neve sull’Appennino romagnolo, ma manca la legna per il camino

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L’inverno è arrivato, ma non la legna per camini e stufe: colpa dell’alluvione, ma anche di chi la raccoglie e la vende illegalmente

FORLÌ- L’inverno è arrivato, e assieme a lui il freddo e le prime spruzzate di neve sull’Appennino romagnolo, ma la legna per camini e stufe manca. Il calo è del 25% rispetto al 2022 e le cause sono diverse, spiega Carlo Carli, presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini: i boschi isolati dall’alluvione, la manodopera qualificata che non si trova, le aziende non specializzate che danneggiano il mercato e i privati che vendono il prodotto destinato all’autoconsumo. “La campagna era iniziata nel migliore dei modi: la richiesta era alta e c’erano i presupposti per accontentare tutti coloro che, complice le bollette del gas alle stelle nel 2022, avevano scelto di puntare sulla legna da ardere”, sottolinea. “Poi l’alluvione si è abbattuta sulla Romagna causando danni ingenti in collina e montagna, isolando comuni, strade e boschi. In molti casi le nostre aziende non hanno avuto la possibilità di raccogliere gran parte del legname, anche quello già tagliato e sistemato negli imposti e nei piazzali temporanei. Il danno è stato ingente”. A questo si aggiunge la mancanza di manodopera qualificata “che, nonostante la diminuzione dei percettori del reddito di cittadinanza, non è aumentata”, prosegue Carli. Perché “molti ritengono questa attività solo stagionale e cercano soluzioni di più lunga durata”, anche se “il mondo della legna da ardere lavora tutto l’anno e, come dimostrano le esperienze su tutto l’arco Alpino italiano o in altri Paesi come Austria o Svizzera, offre continuità e buone remunerazioni”.

CONFAGRICOLTURA: MANCA MANODOPERA PERCHÉ SI CREDE CHE SIA UN LAVORO STAGIONALE, MA NON È VERO

Senza contare “le aziende non qualificate e i singoli privati cittadini che rivendono illegalmente a terzi il legname raccolto per l’autoconsumo“, accusa Carli. Le aziende non iscritte all’Albo delle Imprese forestali, infatti, dice Carli, “sono solite prelevare il legname, pur non essendo specializzate, e rivenderlo a un prezzo molto più basso rispetto a quello di mercato”. Mentre i privati cittadini, che possono per legge raccogliere un massimo di 250 quintali all’anno per uso personale, “in moltissimi casi lo rivendono a terzi a tariffe che danneggiano tutti coloro che operano nel settore secondo le regole garantendo la sicurezza del lavoro e la salvaguardia del territorio”.

fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it