Manet, Corot, Van Gogh, Picasso e grande quantità di artisti europei, pittori e anche scultori, identificavano, di regola, le ciociare da loro dipinte col nome generico ‘Italienne’. E tale iconografia di queste donne, e non solo donne, nei loro sgargianti vestimenti, è una pagina notissima, come forse poche altre, dell’Arte Occidentale, pur se sconosciuta, perché se ne ignorano fonti e provenienza reali. Pertanto figure quasi familiari anche perché incontrate sin dalla fine del 1700, per le strade delle città europee specie in Francia e Inghilterra, nei loro abiti multicolori, come artisti di strada o girovaghi o come venditori ambulanti o come addetti ai mestieri più umili o, i più abili, alla ristorazione: e quando non definiti semplicemente contadino o popolana o pifferaro o organettaro, le appellazioni ricorrenti, da parte degli studiosi e degli addetti ai lavori, sono: romano, italiano, abruzzese, napoletano, zingaro, savoiardo, basco e altre.
In realtà gli artisti europei hanno eretto un monumento a questi umili personaggi incontrati a Roma per la prima volta e poi per le vie d’Europa, una produzione pittorica e scultorea immensa: connesso a tale avvenimento si registra anche un fatto incredibile nella Storia dell’Arte e che cioè gli ultimi della società, braccianti, nomadi e girovaghi, perfino briganti, sono divenuti, è la prima volta, i protagonisti autentici di primo piano nella quantità sterminata di opere, affianco, coeve, alla mitologia, alla accademia, alle nuove correnti artistiche: è nata la pittura di genere all’italiana, assurta a livelli primari nei libri di storia! E’ un dettaglio che la vestitura ciociara indossata venga identificata dagli artisti come ‘italiana’, è lo stesso che il costume tirolese lo si definisca ‘austriaco’ o quello scozzese ’inglese’ o quello bavarese ‘tedesco’, ecc. Così in sintonia con i costumi suddetti anche la ‘donna italiana’ della produzione artistica di cui stiamo parlando, ha una sua connotazione ‘regionale’, periferica, di ‘ciociara’ originaria della regione ai piedi di Roma, una volta Latium adiectum, poi Campagna di Roma, poi altro ancora, ora da circa due secoli ‘Ciociaria’, concetto folklorico e anche sentimentale, non amministrativo, ecc. perciò ‘costume ciociaro’ la risposta ai dubbi e alla misconoscenza di cui all’inizio! Glossa sfortunata, ciociaro, perché fonologicamente ardua a pronunciare, ancora più ardua a scrivere per uno straniero, quindi ignorata e quasi anonima: perciò semplicemente ‘Italienne’. Di conseguenza avviene che ‘L’Italienne’ di Manet o quella di Van Gogh o quella di Picasso o ‘Donna con mandolino e tamburello’ di Corot ecc. se e quando affrontate anche dal punto di vista folklorico o regionale, cioè sulle loro fonti e radici nazionali, ora hanno trovato la risposta soddisfacente. A maggior puntualità in merito alla attendibilità incontestabile del termine, scopriamo che già nel 1809 ‘ciociaro’ apparve per la prima volta, riferito naturalmente alle particolari vestiture indossate dagli ultimi della società, in un album di acqueforti di Bartolomeo Pinelli, il Daumier italiano: 1809, una data che segna un punto di riferimento indiscusso, pur se limitatamente conosciuto anche negli anni a venire. Poi verso il 1850 apparvero le ricerche ed osservazioni dello studioso Ferdinand Gregorovius, il quale parlò per primo del costume sgargiante delle donne, dei cappelli a cono degli uomini, delle calzature particolari dette cioce, delle modelle ciociare che chiamava figure romane, del corsetto delle donne e di non pochi altri elementi folklorici. Per approfondimenti consiglio caldamente: ‘CIOCIARIA SCONOSCIUTA’ e ‘IL COSTUME CIOCIARO NELL’ARTE EUROPEA DEL 1800’ e il sito web inciociaria.org.
In effetti il contesto iconografico e sociale che stiamo ripercorrendo, nel corso degli anni si è per così dire convertito e quasi trasceso conformandosi alla realtà autentica della iconografia così doviziosamente documentata: non costume ciociaro bensì costume d’Italia! In effetti i creatori sono stati le centinaia e centinaia di artisti di ogni parte d’Europa senza citare gli americani, i brasiliani, perfino i giapponesi, perciò storicamente e artisticamente siamo di fronte ad un indiscutibile patrimonio comune europeo e inoltre, a parte i cristi e le madonne, non è reperibile nella Storia dell’Arte Occidentale un soggetto così universalmente trattato e tracciato come il costume ciociaro/italiano: il costume
davanti ai nostri occhi, affinato e perfezionato folkloricamente nel lungo continuo contatto con gli artisti nel corso degli anni, è dunque solo nominalmente ‘italiano’ in verità essenzialmente patrimonio ‘europeo’! Insomma, costume d’Italia e costume d’Europa: e la primogenitura è solo europea! L’arte pittorica e scultorea europea continuava il proprio percorso e l’iconografia dei ciociari in tutte le sue conformazioni di briganti, pifferari, pecorai, organettari nonché di modelle e modelli di artista, era ormai divenuto soggetto ricorrente e amato. Il palcoscenico non è più Roma, ormai è Parigi, all’epoca, circa 1860, il centro mondiale stimolante e effervescente e più ricco dell’arte e della esistenza e poi Londra e l’Europa intera. E verso il 1890, quando ormai tutto era acclarato e metabolizzato, registriamo la consacrazione internazionale, in Francia e grazie alla Francia, del costume ciociaro/italiano quale costume d’Europa: nell’antico spettacolare edificio della Bourse de Commerce, oggi galleria d’arte contemporanea della società Pinault, sotto la cupola gigantesca di cristallo e acciaio corre una fascia alta circa quindici metri che il Comune di Parigi verso la fine del 1800 diede incarico ad alcuni artisti di affrescare con le immagini dei continenti in rapporti di affari con la Francia nel commercio delle granaglie, ecc.: ed ecco la consacrazione: in questi affreschi il continente Europa, con navigli, mercanzie, facchini, carri, cataste di sacchi, ecc. in primo piano evidenzia una coppia di ciociarelli, a rappresentare al mondo il continente Europa e la sua umanità! La conferma autentica dunque del costume ciociaro lingua franca d’Europa e suo simbolo!! Quanto fin qui argomentato, ora fatto conoscere per la prima volta, era già stato dunque vissuto e illustrato a chiare lettere dalla Francia, grande Paese, nella sua storia. In aggiunta una ufficializzazione del valore simbolico di detta iconografia era apparsa anni prima, verso il 1850, in un giornale dell’epoca, lo Charivari, grazie ad una illustrazione di Honoré Daumier intitolata Le Réveil d’Italie in cui l’Italia che si sveglia alle guerre di indipendenza non è rappresentata da Cavour o da Mazzini o Garibaldi ma da un brigante ciociaro che si sta alzando dal suo sonno, il solo personaggio dunque veramente rappresentativo e europeo!!
©Michele Santulli