“Qualcuno aveva il dito sul grilletto e l’ha premuto. Impossibile che il colpo sia partito per caso o accidentalmente”
ROMA – “Il test per rilevare la presenza della polvere da sparo è banalissimo, assolutamente non invasivo. Vengono utilizzati dei tamponcini poi sottoposti a un macchinario specifico per l’estrapolazione del materiale residuale all’esplosione di un colpo d’arma da fuoco. Si tratta, dunque, di semplicissime tamponature che vengono effettuate sia sul soggetto, prevalentemente sulle mani, e sugli indumenti che la persona indossava nel momento in cui è stato esploso il colpo d’arma da fuoco”. Lo spiega all’agenzia Dire la psicologa forense, criminologa investigativa ed esperta in scienze forensi, Roberta Bruzzone, intervenendo sulla vicenda del deputato di Fratelli d’Italia Emanuele Pozzolo e sul colpo di pistola esploso alla festa di Capodanno a Rosazza, in provincia di Biella.
“Generalmente- prosegue- il soggetto sparante è quello che poi si trova addosso una percentuale maggiore di tre importanti particelle, ovvero bario, antimonio e piombo. Si va alla ricerca di queste tre componenti, univocamente riconducibili all’esplosione di un colpo d’arma da fuoco e, di solito, il soggetto che spara ne ha addosso una percentuale maggiore“.
“È un test estremamente banale- ribadisce Bruzzone- che presenta però un problema: la dispersione delle particelle risente, purtroppo, del tempo che scorre e della possibilità di lavarsi, anche con una semplice detersione non particolarmente invasiva. Il lavaggio degli indumenti, inoltre, fa sì che questi residui scompaiano. Normalmente, dunque, la valenza scientifica del test è tale solo se questi viene effettuato entro le otto ore dallo sparo, dall’esplosione dell’arma da fuoco e se il soggetto non si è lavato o non si è cambiato d’abito”.
“Ecco perché- informa- fare oggi il test non avrebbe alcuna valenza a livello scientifico, perché non avrebbe alcun senso nè nell’includere, nè nell’escludere. Con un tempo così dilatato da quando è stato esploso il colpo, non avrebbe alcun senso fare il test, che sarebbe attaccabilissimo dal punto di vista scientifico. Anche perché ci aspettiamo che dal 31 dicembre a oggi una persona si sia lavata o si sia cambiata d’abiti”.
“La presenza della polvere da sparo- tiene inoltre a sottolineare- può essere ricercata anche in punti un po’ più particolari rispetto a mani e viso, come ad esempio la cavità nasale, dato che alcune particelle possono rimanere intrappolate nelle vibrisse nasali. Normalmente la tamponatura viene effettuata sulle mani e sugli indumenti indossati dal soggetto al momento dello sparo“.
“Normalmente- rende noto Bruzzone- quel tipo di armi è detenuto senza che il cane sia armato, perché rappresenta un elemento di sicura maggiore. Per riuscire a sparare con il cane non armato, la pressione sul grilletto è pari a un chilo e duecento, un chilo e trecento grammi, dunque una pressione significativa. Difficilmente può partire un colpo se non c’è quella pressione: il soggetto deve dunque fare forza sul grilletto. Se, invece, il cane è armato la pressione necessaria diminuisce a circa 700-800 grammi, che non sono comunque pochi“.
Secondo la nota criminologa, “la possibilità che un colpo parta accidentalmente da un’arma con i normali dispositivi di sicurezza, che ormai sono implementati su qualunque tipologia di arma, anche di piccole dimensioni, è sostanzialmente pari a zero. Per esplodere un colpo bisogna avere il dito sul grilletto e premerlo anche in maniera piuttosto significativa. Se la pistola è armata ma non si tocca il grilletto, con quell’arma si possono anche piantare i chiodi”.
“Qualcuno– conclude- aveva il dito sul grilletto e l’ha premuto. Tra l’altro si tratta di un revolver, arma che ha un grilletto che senza cane armato è particolarmente rigido, ha meccanismi di sicura legati anche al maneggio e alla pressione da esercitare sul grilletto stesso, proprio per ovviare a incidenti. La storiella del colpo esploso per caso o accidentalmente senza avere il dito sul grilletto è sostanzialmente qualcosa di decisamente improbabile, per non dire impossibile“.
fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it