Fontana è stato relatore alla prima sessione, dedicata all’autonomia strategica dell’Unione Europea di fronte alle nuove sfide per le democrazie liberali, tra intelligenza artificiale, politica estera, difesa dall’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia e conflitto in Medio Oriente.
Ringrazio i Presidenti delle Camere del Parlamento spagnolo per la perfetta organizzazione della Conferenza e per avermi invitato ad avviare questo dibattito.
Il tema dell’autonomia strategica aperta è di massima importanza.
Realizzarla significa riprendere in mano il nostro destino.
Questo vuol dire poter operare scelte politiche che, tenendo conto di tutte le implicazioni sistemiche della situazione geopolitica globale, siano coerenti con i nostri interessi, i nostri valori e il nostro modello sociale.
Negli ultimi anni sono stati compiuti alcuni passi in avanti in questa direzione, sia attraverso la definizione di una cornice strategica sia mediante l’adozione di specifici provvedimenti legislativi.
Penso ai regolamenti sulle materie-prime critiche, sulle emergenze nel mercato interno, sulla Piattaforma delle Tecnologie Strategiche per l’Europa e alla riforma dell’assetto del mercato dell’energia elettrica.
Tuttavia, sono a mio avviso necessari ulteriori passaggi relativi a cinque ambiti prioritari.
Il primo riguarda l’individuazione del nucleo di princìpi, interessi e ambiti di azione, non solo di natura economica, su cui intendiamo conservare una sovranità europea, pur dialogando con i nostri partner.
L’autonomia strategica aperta si è andata definendo in effetti attraverso un progressivo ampliamento delle aree considerate prioritarie.
Siamo passati dalla difesa all’energia, all’industria e, più di recente, alla sicurezza alimentare e quindi all’agricoltura.
Dobbiamo ora valutare, anche alla luce delle dinamiche globali, se vi siano ulteriori settori strategici.
Io ritengo che vi rientrino tutte le politiche essenziali per preservare il nostro modello socio-economico e le identità culturali europee.
Sono aspetti che, anche secondo i trattati, presentano una specificità nazionale e regionale.
E nell’ambito della cornice dei valori comuni, l’Unione deve coltivarli anche nei suoi rapporti con l’esterno.
Il secondo passaggio si riferisce allo sviluppo di una reale politica estera e di sicurezza dell’Unione e ai rapporti con i Paesi vicini.
In questa prospettiva occorre, dunque, procedere con determinazione e scadenze certe all’allargamento dell’Unione.
Mi riferisco all’Ucraìna – cui desidero ribadire la piena vicinanza e sostegno -, alla Moldova e ai paesi candidati dei Balcani occidentali.
L’aggressione russa e la crisi in Medio Oriente hanno reso poi ancora più evidente quanto siano decisivi per l’autonomia strategica i rapporti con la sponda sud del Mediterraneo e con l’Africa in termini, tra gli altri, di sicurezza energetica e alimentare, approvvigionamento delle materie-prime, commercio e gestione dei flussi migratori.
È dunque in questi ambiti che l’Unione deve sviluppare politiche realmente comuni e concludere accordi con i Paesi terzi, coerenti sia con i nostri interessi e valori sia con gli obiettivi di sviluppo economico e sociale dei nostri partner.
Il terzo passaggio per dare effettività all’autonomia strategica è costituito dagli strumenti finanziari a disposizione delle nostre politiche in materia.
Le misure sinora adottate sono ben lontane dalla soglia minima necessaria.
Mi limito a ricordare che a fronte delle sfide per la nostra competitività poste di recente ad esempio dagli Stati Uniti, la prima reazione dell’Unione europea è stata soprattutto l’adozione di un nuovo quadro transitorio meno rigoroso per l’erogazione di aiuti di Stato.
Non è di questo che abbiamo bisogno!
Allentare i vincoli per i sussidi nazionali significa infatti alterare il mercato interno e la concorrenza, favorendo i Paesi membri che hanno una maggiore capacità fiscale, soprattutto alla luce delle nuove regole di finanza pubblica definite dalla riforma del Patto di stabilità e crescita.
Anche la revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale ha segnato, con riferimento a scelte strategiche urgenti, risposte in larga parte deludenti.
Di difficile comprensione appare anche l’opposizione di diversi Stati membri a ricorrere all’emissione di titoli comuni per accrescere la competitività dell’industria europea, per finanziare la transizione verde, anche in termini di mitigazione dei costi sociali, o per aumentare le capacità di difesa dell’Unione europea.
Il quarto punto attiene invece all’azione dell’Unione europea che appare fin troppo pervasiva in alcuni ambiti in evidente contrasto con quei princìpi di sussidiarietà e proporzionalità alla base della costruzione europea.
Penso ad esempio a quelle politiche legate alla realizzazione del “Green Deal” europeo, che in sede di regolamentazione non hanno tenuto adeguatamente conto del principio di neutralità tecnologica e della gradualità dello sforzo di adeguamento di cittadini e imprese, ignorando più in generale le specificità dei sistemi economici e sociali nazionali.
Credo invece che la riduzione degli oneri normativi e la valorizzazione delle peculiarità di ciascuno dei nostri paesi siano il vero punto di forza e il presupposto necessario perché l’Unione possa competere adeguatamente sulla scena globale.
Il quinto e ultimo punto attiene infine alla necessità di una riforma del funzionamento dell’Unione, che le fornisca strumenti e procedure più efficaci e agili, in una prospettiva di medio e lungo termine che tenga conto sia delle implicazioni dell’allargamento sia della complessità del contesto geopolitico attuale e futuro.
Concludo con l’auspicio che questi temi siano centrali nel dibattito e nella campagna che ci porterà al rinnovo del Parlamento europeo nel prossimo mese di giugno.
È infatti cruciale per le scelte dei nostri cittadini che tutti i partiti politici europei indichino in modo chiaro la propria visione sul modo in cui l’Unione può riprendere in mano il proprio destino.
Vi ringrazio.
On. Lorenzo Fontana