Home AMBIENTE Col maltempo allagamenti ovunque? Colpa dei fossi che non ci sono più

Col maltempo allagamenti ovunque? Colpa dei fossi che non ci sono più

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Per guadagnare spazio per strade e piste ciclabili, ma ancor più per aumentare la produttività, i fossi sono stati praticamente eliminati dalle campagne: ecco perchè ora gli allagamenti sono così frequenti. Lo spiegano i geologi

BOLOGNA – L’ondata di maltempo tanto annunciata si è abbattuta sull’Emilia-Romagna e “diffusi allagamenti sono segnalati in tutta la Romagna” che però “non deriverebbero dai fiumi in piena ma dalla rete di scolo secondaria”, osserva Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna. E questo non sarebbe un fatto da sottovalutare: “Dobbiamo concentrarci sulla rete scolante secondaria, fossi e rete di scolo urbana”. Perché, come spiega in una nota, “nelle campagne, in questi ultimi decenni, si è assistito ad una continua chiusura dei fossi, alla loro sistematica eliminazione. La tecnica agronomica della baulatura dei campi, cioè, realizzare un profilo convesso dei campi perimetrati da fossi, è stata abbandonata. Lo scopo della baulatura era prevenire la formazione di ristagni favorendo il deflusso verso una fitta rete di scoline e fossi di raccolta. Questo comportava un accumulo di acqua nei fossi paragonabile al quantitativo di una cassa di espansione, ora tanto invocata”. Ma per “aumentare i livelli produttivi dell’agricoltura” oggi il terreno viene livellato “per semplificare il lavoro, aumentare la produttività” con l’effetto, però, di eliminare “scoline e fossi” e quindi riducendo “la capacità di accumulo di acqua nelle nostre campagne. Un po’ come chiudere una grande cassa di espansione”.
In città, invece, secondo i geologi, la rete di deflusso urbana si è sviluppata “come un grande puzzle, espandendosi di volta in volta secondo le necessità senza, il più delle volte, un progetto urbanistico di ampio respiro”. E la “continua chiusura dei fossi con la loro tombinatura rende sicuramente più fruibile i percorsi stradali, pedonali e ciclabili, ma sotto la superficie topografica cosa succede? Un intasamento? Una rottura, una difficoltà nel deflusso? E chi lo vede? Ce ne accorgiamo quando il piano stradale si allaga“, osserva Antolini. Peraltro queste situazioni devono ora reggere l’urto di piogge ‘nuove’, più intense e per brevi periodi.

“Abbiamo anche una rete di deflusso secondaria che deve essere riprogettata per affrontare questi eventi di pioggia particolarmente intensi”, suggerisce il presidente dei geologi dell’Emilia-Romagna. “Cosa non dobbiamo fare? Cercare di risolvere il tutto con il solito approccio esclusivamente ingegneristico -allargo una sezione di scarico, allargo un tubo- e dare poca importanza al deflusso naturale delle acque e del rispetto della geomorfologia naturale del territorio”, conclude Antolini.

fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it