Tra esitazioni e pianti, Filippo Turetta è stato interrogato in aula per l’omicidio di Giulia Cecchettin. E non ha mai pronunciato il nome della sua ex fidanzataùROMA – Perchè ha ucciso Giulia? “L’ho uccisa perché non voleva tornare con me“. Ha risposto così Filippo Turetta oggi in aula all’avvocato di Elena Cecchettin che gli ha chiesto una spiegazione sul brutale delitto della sua ex fidanzata, Giulia, avvenuto l’11 novembre di un anno fa. Nell’udienza di oggi è stato sentito lui, il colpevole reo confesso, che dopo aver ucciso Giulia al termine di un pomeriggio passato insieme, l’ha caricata in auto ed è scappato. Ed ha continuato a scappare anche dopo aver abbandonato il corpo in un dirupo nella zona di Barcis, in provincia di Pordenone. Il giovane, invece, è stato individuato e arrestato in Germania solo dopo alcuni giorni, perchè era rimasto senza benzina in autostrada.
LA PREMEDITAZIONE
Oggi l’udienza è stata tutta dedicata all’interrogatorio di Turetta. Durante il quale, ha pianto, ha esitato, ha detto talvolta “non ricordo“. E non ha mai nominato il nome di Giulia. Ha esordito dicendo che avrebbe raccontato “tutta la verità” e ha ammesso di aver detto delle “bugie” quando era stato sentito in fase di indagine. Ha anche depositato una memoria di 40 pagine, vergata in carcere, in cui ricostruisce il periodo del delitto, i giorni che lo hanno preceduto (il pensiero di ucciderla c’era stato almeno quattro giorni prima del delitto, ha spiegato, quando aveva buttato giù alcuni appunto su come ucciderla e legarla) e i sentimenti provati allora.
“IN MACCHINA AVEVAMO LITIGATO”
Dopo aver detto di averla uccisa perchè lei non voleva tornare insieme a lui, Turetta ha detto ancora: “Volevo tornare assieme a lei, soffrivo molto e provavo risentimento verso di lei. Avevo rabbia perché soffrivo di questa cosa, e questo mi ha sconvolto”. “Volevo che il nostro destino fosse lo stesso per entrambi e quindi… io penso sia questa la verità – ha aggiunto- In macchina abbiamo litigato perché volevo tornare insieme, così come avevo fatto nei giorni precedenti, anche in chat”.
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IL PENSIERO DI RAPIRLA E DI UCCIDERE, LEI E SE STESSO
“Quando ho scritto quella lista avevo ipotizzato il piano di rapirla, stare con lei qualche tempo, farle del male, toglierle la vita e suicidarmi. Cercai sul web scotch e manette adatti a immobilizzarla”.
LA RABBIA PER LA FUGA DI GIULIA
A quanto raccontato dal giovane, il piano era quello di rapire Giulia. Per andare da qualche parte in un luogo isolato, dove forse ucciderla e poi togliersi la vita. Ma dopo la lite, Giulia è scappata fuori dalla macchina. “Appena è uscita dalla macchina ero arrabbiatissimo, non volevo se ne andasse così”. Poi nella zona industriale di Fossò. Ma non voleva solo rapirla? “In quel momento provavo…non so….rabbia perché uscita dalla macchina. Non sarei mai riuscito a riportarla dentro in macchina“. Poco dopo l’ha colpita. Ha detto che Giulia ha gridato “aiuto” ed è caduta.
“HO COPERTO IL CORPO PERCHÈ ERA RIDOTTO MALE”
“Nell’abbandonare il corpo l’ho coperto perché non volevo venisse trovato, era in condizioni tali che volevo evitare che venisse visto com’era ridotto” Turetta, che ha sempre sostenuto di volersi suicidare, non ha saputo rispondere al perché avesse cercato in internet luoghi appartati, come quello di Barcis (Pordenone) dove è stato trovato il corpo e dove avrebbe dovuto suicidarsi. “Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa ma non ci sono riuscito”, ha detto. In macchina aveva anche delle forbici, due coltelli. Turetta non ha saputo dire perchè non abbia utilizzato quelli.
“HO PENSATO DI UCCIDERE GIULIA ALCUNI GIORNI PRIMA”
All’inizio dell’udienza, queste erano state le parole di Turetta: “Voglio raccontare tutto quello che è successo, nel corso del primo interrogatorio ho mentito. Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po’ insieme e di farle del male”, ha detto l’imputato davanti al pm di Venezia Andrea Petroni. I magistrati gli stavano appunto chiedendo conto della lista di appunti che risale al 7 novembre, gli appunti per il progetto che poi avrebbe portato a termine l’11 novembre.
“Ero arrabbiato – spiega a voce bassa Turetta – avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme e così…non lo so…in un certo senso mi faceva piacere scrivere questa lista per sfogarmi, ipotizzare questa lista che mi tranquillizzava, pensare che le cose potessero cambiare. Era come se ancora non la dovessi definire, ma l’avevo buttata giù”.
“Ho iniziato a farlo il 7 novembre perchè ho cominciato a pensare, avevo tanti pensieri sbagliati. Prima ho scritto di getto, poi ho riletto e messo in ordine quelle parti che di getto non avrei potuto scrivere”.
LA SPERANZA DI TORNARE CON LEI
Turetta in aula ha spiegato che nutriva ancora una speranza di ricucire il rapporto. “Ma a quali elementi era agganciata questa speranza? Io non ne vedo”, ha detto il magistrato. “Comunque ci vedevamo e ci scrivevamo. A mia percezione, quando eravamo in presenza fisicamente a volte percepivo certe cose, altre meno”.
GLI ATTIMI DELL’OMICIDIO
Durante l’interrogatorio, è stato affrontato anche il momento delle coltellate. In aula, sono state proiettate le immagini del sopralluogo dei carabinieri nel parcheggio in cui si vede del sangue. Turetta è apparso confuso. “Forse l’ho colpita” con il coltello, ha detto, “non ricordo, non lo so. Per farla stare ferma l’ho colpita, ricordo come un flashback un colpo sulla coscia”.
Di quei frangenti, Turetta ha parlato anche nella memoria di 40 pagine che ha scritto in carcere. Il pm Petroni, l’accusa, oggi ne ha ricordato alcuni passaggi: “Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse cosi, ho preso uno dei coltelli e sono uscito fuori di corsa per fermarla. Non ricordo esattamente. Poi l’ho presa per il braccio e lei è caduta, penso che abbia sbattuto la testa contro il pavimento“. E ancora: “Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì”.
fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it