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Manet, Battaglia La Terra Borgese critica La colazione sull’erba dell’Edouard parigino: ci sono incongruenze nella prospettiva

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L’opera di Manet, che racconta di vita moderna, spiega il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese, proviene dall’ex-museo del Jeu de Paume di Parigi -l’odierna Galleria nazionale dello Jeu de Paume che dal 2004 è spazio espositivo per la fotografia contemporanea e la videoarte-; successivamente, nel 1986, arriva al Musée du Louvre; e dal Louvre arriva al Museo d’Orsay di Parigi, il luogo in cui oggi è esposta

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La colazione sull’erba (Le Déjeuner sur l’herbe), 1862-1863, olio su tela 208×264 cm, o 215×270 da fonti diverse, dominava -chiarisce Paolo Battaglia La Terra Borgese– la sala del pianterreno del museo del Jeu de Paume di Parigi, dove era raccolta una ricchissima collezione di impressionisti.

Il dipinto arriva al Louvre nel 1986 -precisa il critico-, e, dal Louvre, arriva poi al Museo d’Orsay di Parigi, il luogo in cui oggi è esposto questo grande capolavoro della pittura francese ad opera di Edouard Manet.

La colazione sull’erba -spettegola Paolo Battaglia La Terra Borgese– pare sia stata ispirata a Manet da una stampa cinquecentesca di Marcantonio Raimondi, che rappresentava Il giudizio di Paride.

Comunque, Manet vi ha infuso uno spirito nuovo -stabilisce autorevolmente Battaglia La Terra Borgese-, quello stesso che scatenò intorno al suo quadro -oggi inspiegabile- “Querelle“. Il pittore vi ha raffigurato una giovane donna senza vesti, in mezzo a un gruppo di giovani nei costumi del tempo, che s’intrattengono in campagna in una giornata di sole.

In un primo momento l’aveva battezzata più semplicemente Le bain (Il bagno) per richiamarsi al tema delle bagnanti caro alla sua epoca, ma fu il pubblico a decretarle il titolo con cui ora l’opera è universalmente conosciuta.

La colazione sull’erba non rispecchia fedelmente i principi dell’impressionismo -ci erudisce Paolo Battaglia La Terra Borgese-, del resto ancora nell’aria al tempo in cui Manet la dipinse: non corrisponde cioè a quella pittura “atmosferica”, a pennellate vibranti e leggere, con colori chiari e senza ombre, nella quale eccelsero Monet e Renoir.

Tuttavia essa rappresenta un’innovazione sotto ben altri punti di vista -fa notare il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese-. Quando Manet la espose al Salon des Réfusés, nel 1863, il pubblico reagì con violenza, sia per il soggetto, privo ormai di ogni idealizzazione (fino allora solo le divinità erano state dipinte svestite, e con particolari accorgimenti, onde renderle in tutto ultraterrene), sia per la tecnica pittorica nuova, con stacchi decisi, con accostamenti senza gradazioni.

In primo piano -ci descrive Paolo Battaglia La Terra Borgese-, una magnifica natura morta azzurra costituisce la chiave di volta di tutto il dipinto. Quasi “nature morte” anch’esse, le figure rivelano un distacco, una fissità che le rende ancora più immobili e lontane.

Da notare, anche, un sottile tocco di realismo scherzoso, voluto dal Manet, costituito da un piccolo fringuello che si libra in volo da sopra le figure.

Ma ciò che più colpisce -chiude Paolo Battaglia La Terra Borgese– sono delle incongruenze nella prospettiva e nella scala, forse create per accentuare l’artificialità della composizione. Le proporzioni della bagnante rispetto al resto del gruppo non sono del tutto corrette soprattutto se confrontate agli alberi. La giovane è troppo grande e di certo non potrebbe stare nella barca a remi lì vicino. Trasformare una scena soffusa di leggenda in un picnic parigino dei tempi moderni significava parodiare l’arte del passato, sottolineandone l’artificiosità e sfidandone l’autorità: il dipinto, abbiamo detto, fu ispirato a Manet da una stampa cinquecentesca di Marcantonio Raimondi, che rappresentava Il giudizio di Paride di Raffaello (andato perduto).