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Paolo Battaglia La Terra Borgese, l’Astrattismo: la rinuncia all’immagine

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Di fronte a un quadro astratto lo spettatore comune si chiede: che cosa rappresenta? L’unica risposta adatta -spiega il critico d’arte- è questa: niente, e tutto. L’Astrattismo, infatti, non si propone di rappresentare la realtà, ma vuol crearne una nuova

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L’arte astratta -puntualizza il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese– è nata ufficialmente il giorno in cui Kandinskij, rientrando nello studio da una passeggiata, rimase colpito dalla bellezza dei colori di un suo quadro, che era stato appeso alla rovescia. L’indomani l’artista dipinse di proposito un acquerello senza immagini, basato solo sugli accostamenti dei colori e sull’equilibrio delle superfici.

Era il 1910.

Tuttavia, contemporaneamente a Kandinskij, anche negli altri Paesi d’Europa qualche artista cercava di arrivare alle stesse conclusioni. L’Astrattismo -continua Paolo Battaglia La Terra Borgese– era nell’aria, frutto delle ricerche artistiche compiute dall’Impressionismo in poi, risultato di un complesso di teorie e di intuizioni a cui non era estraneo il movimento Dada. Ma fu la decisione di Kandinskij a farlo “precipitare”. Perciò il suo anno di nascita è il 1910.

Da allora fino ad oggi questa nuova avventura dell’arte contemporanea è dilagata in tutti i Paesi del mondo, suscitando le più violente polemiche e dividendo gli artisti in due opposte fazioni: i “figurativi”, cioè i fedeli all’immagine come tema dell’opera d’arte, e i “non figurativi” o “antifigurativi”, quelli decisi a sopprimere l’immagine per fare un’arte pura -prosegue Paolo Battaglia La Terra Borgese-.

Gli Impressionisti -ricostruisce Battaglia La Terra Borgese– tradussero sulla tela il mondo dell’uomo con pennellate vibranti e “atmosferiche”, capaci di imprigionare la luce; Fauves ed Espressionisti accentuarono invece, mediante il colore e la deformazione, le possibilità espressive dell’opera d’arte; i Cubisti scomposero gli oggetti nelle loro forme geometriche elementari, mossi dalla curiosità di conoscerne l’essenza; i Futuristi cercarono di riprodurre la realtà nei suo incessante dinamismo; i Surrealisti, indagando il mondo dell’inconscio, riuscirono a dare forma pittorica anche ai sogni, agli impulsi, ai desideri. In tutte le loro opere incontriamo temi ben definiti, e cioè paesaggi, nature morte, composizioni di figure.

Con l’Astrattismo invece -chiarisce Battaglia La Terra Borgese– ci troviamo per la prima volta di fronte alla radicale abolizione dell’immagine. Gli Astrattisti vollero fare una pittura-pittura, ossia una pittura “pura” basata unicamente sui valori del colore e della forma. (Anche Matisse aveva scoperto in un suo viaggio in Marocco che “un metro di blu è più blu di mezzo metro”, parafrasando Cézanne, che aveva detto: “Un chilo di verde è più verde di mezzo chilo”; ma non fu che un “episodio”). Come la musica è composta unicamente di suoni e di ritmi, così la pittura doveva diventare solamente colore; dall’accostamento delle tinte e dalle proporzioni delle superfici sarebbe scaturito un godimento estetico nuovo che non avrebbe più avuto bisogno del soggetto per essere completo.

I fondatori dell’Astrattismo -fa comprendere Paolo Battaglia La Terra Borgese– vennero dal Nord: russo, di origine siberiana, Vasili Kandinskij; russo anche Malevic, ideatore dei Suprematismo e del suo Manifesto; svizzero-tedesco Paul Klee, fondatore con Kandinskij del movimento artistico detto del Cavaliere azzurro e legato, per un certo periodo, all’Astrattismo; olandese, e rigidamente calvinista, Piet Mondrian, che esercitò tanta influenza sull’architettura moderna e sulle arti industriali (parallelamente, si svolgevano le ricerche di un cecoslovacco, Frank Kupka, immigrato a Parigi).

Dalle loro formulazioni teoriche -ci delinea Battaglia La Terra Borgese– deriveranno, nel periodo tra le due guerre, diverse correnti sempre legate all’Astrattismo, ma lontane, se non addirittura in contrasto con le teorie dei fondatori. Saranno definite di volta in volta arte informale, “tachisme”, “art autre”, “grandes pates”, “art brute”, “action painting” o gestualismo, spazialismo, espressionismo astratto o astrattismo espressionistico, fino ad un principio di “nuova figurazione”. Verso il 1930 Theo Van Doesburg, al secolo Christian Emil Marie Küpper, tentò anche di definire “arte concreta” l’arte astratta, proprio per l’immediatezza e la “concretezza” dei suoi componenti, cioè superfici e colori. Ma nonostante tutti questi tentativi di nuove definizioni, il termine di Astrattismo è quello che ancora oggi riassume meglio le diverse posizioni.

Di fronte a un quadro astratto -sorride Battaglia La Terra Borgese– lo spettatore comune si chiede: che cosa rappresenta? L’unica risposta adatta -dice il critico- è questa: niente, e tutto. L’Astrattismo infatti non si propone di rappresentare la realtà, ma vuol crearne una nuova.

In genere la fantasia umana -evidenzia Paolo Battaglia La Terra Borgese– si è divertita a dare forma alle macchie, alle ombre, alle nuvole (Leonardo leggeva una intera scena di battaglia sulle macchie di un muro, e ognuno di noi, da ragazzo, ha cercato nelle nuvole i sogni della propria infanzia). Ora invece assistiamo al contrario: l’artista astratto guarda una figura e vede una macchia, osserva il paesaggio e lo traduce in una nuvola. Che cosa è accaduto?

Nel 1910, come dicevamo, Kandinskij scoprì che, anche senza il soggetto, un dipinto può avere un valore estetico quando sia basato unicamente sulle relazioni reciproche dei colori. Ma -sottolinea Paolo Battaglia La Terra Borgese– per arrivare a questo occorreva liberare l’arte dalla schiavitù del soggetto e il colore dalla sua dipendenza dal soggetto che colorisce. Il rosso geranio, per esempio, spiega il critico, non è bello perché colorisce il fiore, “ma è bello in sé”; così come l’azzurro è bello in sé, e non perché è il colore del cielo. Il primo tempo dell’Astrattismo è caratterizzato dunque da una ricerca di purezza assoluta (neo-platonica, direbbero i filosofi): così lo sentono Kandinskij, Malevic e Mondrian, che cercarono di trovare le pure leggi della composizione artistica. Kandinskij, lo “stenografo dell’assoluto”, come fu definito, sembrò ricreare un nuovo genere di immagini assolutamente irreali ma suggerite dal suo mondo interiore. Per non venire meno al suo ideale di purezza artistica, dava ai suoi quadri titoli scarni, senza suggestione: Composizione, A macchia nera, Con bordo bianco, A tre macchie, dove è evidente la volontà di concentrare l’attenzione dello spettatore unicamente sulla superficie del quadro, senza possibilità di “distrazioni”.

E la forma? Traccia minuziosamente Paolo Battaglia La Terra Borgese: per creare un nuovo linguaggio pittorico, lo stesso Kandinsky teorizza una specie di abc della pittura. Per esempio, egli ha stabilito che la verticale tende al bianco e l’orizzontale al nero; la diagonale si neutralizza nel grigio; mentre dal punto di vista della luce, queste linee chiedono il giallo, il blu e il rosso. Gli angoli acuti tendono al giallo, i retti al rosso, gli ottusi al blu. E ancora, l’angolo acuto manifesta calore, quello retto freddezza. Le linee curve esprimono forza drammatica e dinamica, che può anche essere accentuata dallo spessore dei tratto. Insomma finì per imporsi una serie di regole che, se applicate sistematicamente, portano una specie di simbolismo piuttosto convenzionale.

Malevic, che nel 1915 lanciò il Manifesto dei Suprematismo, arrivò all’arte astratta per intuizione, quando espose nel 1913 un quadrato nero su fondo bianco, e tredici anni dopo un quadrato bianco su fondo bianco, che rappresentò il vertice dell’astrazione. Ma dopo questo vertice non c’è che il silenzio, o la morte: e lo stesso Malevic se ne rese conto, perché non dipinse quasi più.

L’astrattismo, in effetti, termina Paolo Battaglia La Terra Borgese-, toglie alla pittura invece che dare, e crea e lascia confusione. O, con una formula che ha del paradossale, come già ho avuto modo di dire nella veste di conferenziere in altri consessi, si potrebbe anche sostenere che l’astrattismo è l’arte che ha per contenuto se stessa.